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al testo di Giovanni Rossato
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Ci ha guidati il vino, per un tratto di strada
ridevamo allora, cantavamo, insulti e botte (a volte) e non era un gioco; si moriva con qualcuno accanto ed era silenzio senza rimpianto per giorni,
ci fermavamo,
con il bicchiere in mano (le ombre o le tazzette delle osterie) odorava acre quando si versava scendeva nella gola vivo e sporco come l’umana natura che ricorda l’essere nati per marcire e rinascere poi per un attimo di splendore sotto e nel sole di luglio nella nebbia di novembre nel gelo di gennaio e nel vento di marzo.
Maturava in noi come il bisogno di lavorare, fottere e amare anche quello di riposare poi, come ogni cosa che deve essere per stare, come il vino riposa nella botte.
Poi Lysios ci ha lasciati, è salpata la sua nave, non può abitare nei limpidi calici che feriscono senza guarire,
ora,
questo mondo non conosce il riposo dell’aver vissuto; si muove, come una giostra inceppata che nessuno vuol riparare.
Nessun uomo sulla terra. |
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